STORIA DELLA BASILICA

La chiesa di Santa Maria in Domnica alla Navicella è stata fondata come piccolo oratorio nel settimo secolo.
Collocata sulla sommità del colle Celio, sorge in un importante snodo stradale della Roma antica e nei pressi di numerose postazioni militari. Molto probabilmente viene edificata sui resti di una caserma dei Vigili del fuoco, dove usavano radunarsi i Cristiani.
L’appellativo in domnica, di origine incerta, potrebbe derivare o dal nome di Ciriaca (la cui traduzione dal greco significa “che appartiene al Signore”) oppure dai praedia dominica, aree di pertinenza imperiale sul cui territorio si edificò la chiesa. Fin dalle origini la chiesa, dedicata alla Madre di Dio, è sede delle opere di assistenza e di servizio ai poveri, compito affidato anticamente ai diaconi.
L’aspetto della chiesa nella sua struttura fondamentale è rimasto inalterato nel corso dei secoli, mantenendo la forma voluta da papa Pasquale I (817-824), che ristruttura l’antico oratorio e gli conferisce l’attuale aspetto basilicale a tre navate. Risale a questa epoca il mosaico absidale realizzato nel clima del secondo Concilio di Nicea (787) significativamente dedicato alle Sante Icone. Interventi significativi vengono realizzati nel XVI secolo (portico, soffitto ligneo, affresco dell’abside, apertura di nuove finestre), nel secolo XIX (restauro del mosaico, affresco della navata centrale) e XX (altari laterali, cripta, rifacimento del presbiterio).
Nel 1932 la chiesa viene eretta in parrocchia con un territorio compreso tra piazza di Porta Metronia, il Colosseo e piazza San Clemente.
Dal luglio 2003 è affidata alla cura pastorale della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di san Carlo Borromeo (per info www.sancarlo.org).
A turisti e pellegrini raccomandiamo il rispetto di questo luogo sacro, dedicato alla preghiera e al silenzio.   

 

IL MOSAICO (secolo IX)

 

Papa Pasquale I (817-824) è il pontefice che ha rifatto completamente l’antica chiesa conferendogli quello che, sostanzialmente, è ancora l’aspetto attuale.
L’interno della chiesa è a pianta basilicale con tre navate divise da colonnati che sostengono arcate con tre absidi. La navata centrale è divisa da quelle laterali da due file di nove colonne che, con i pilastri sporgenti rispettivamente dalla facciata e dal muro di fondo, portano i dieci archi delle arcate su entrambi i lati. Le absidi che coronano la navata centrale e le laterali, a pianta semicircolare, sono legate ai muri della chiesa. Le diciotto colonne della navata sono tutte di reimpiego: sedici in granito grigio e due in granito rosa di Assuan.
La chiesa è dominata dal mosaico absidale, raffigurante la Beata Vergine Maria che, seduta in trono, è in procinto di consegnare Gesù bambino e benedicente ai fedeli.
Ai suoi piedi, con lo sguardo rivolto verso il popolo, Pasquale I (raffigurato con il nimbo quadrato ad indicare che era vivente durante la composizione del mosaico) sembra consegnare ai fedeli la Vergine e, tramite Lei, Gesù. Le schiere angeliche fanno da corona a questa scena. Una scritta commemorativa chiude il catino absidale.
Sia i tratti della Vergine che gli angeli sono eseguiti secondo il canone artistico bizantino e monastico e non secondo l’iconografia romana di Maria Regina. Potrebbe essere la realizzazione da parte di artisti orientali accolti a Roma durante la persecuzione iconoclasta.
Nell’arco è raffigurato Cristo Salvatore racchiuso in una mandorla (segno della vita) e seduto su una sfera (segno del mondo) affiancato da due angeli e dai dodici Apostoli.
Si tratta della raffigurazione iconografica della missio apostolorum “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
In basso (a destra e a sinistra) sono raffigurati Mosè ed Elia, per ricordare la Trasfigurazione (durante la II^ domenica di Quaresima, detta della Trasfigurazione, si svolge la tradizionale Stazione Quaresimale).

La scritta del mosaico nel catino absidale

 

“Questa casa prima era stata ridotta in rovine, ora scintilla perennemente decorata con vari metalli e la sua magnificenza splende come Febo nell’universo che mette in fuga le tenebre della tetra notte. O Vergine, il probo vescovo Pasquale ha fondata per te questa aula regale che deve rimanere splendida nei secoli.”   

 

GLI AFFRESCHI E GLI INTERVENTI SUCCESSIVI

 

Tra il 1489 e il 1513 Giovanni de’ Medici è il cardinale titolare. A lui si devono una serie di interventi che, iniziati quando era cardinale, proseguono anche dopo la sua elezione a papa con il nome di Leone X (1513-1514).
Oltre alla facciata e al portico, lungo tutta la navata centrale, sopra le finestre, viene dipinto un fregio di leoni (richiamo al nome che il committente ha assunto da pontefice), putti e dalle insegne medicee dell’anello, del diamante e delle tre piume.
Gli affreschi dell’abside, sotto il mosaico, raffigurano tre episodi della vita di S. Lorenzo e S. Ciriaca. L’opera, realizzata da Lazzaro Baldi (1624–1703), vuole rappresentare le origini di questa chiesa, in cui il diacono Lorenzo avrebbe curato le opere di carità della Chiesa di Roma assistito da Santa Ciriaca.
I diaconi, nella chiesa primitiva, erano coloro che presiedevano alla carità e assistenza dei cristiani bisognosi (vedove, ammalati, poveri...). Fin dalle origini la chiesa di Santa Maria in Domnica ha avuto tale titolo, assumendo probabilmente un ruolo particolarmente significativo, data la sua collocazione alla confluenza di importanti strade che venivano percorse dai pellegrini diretti al Laterano, che prestava facilmente all’opera di servizio (diaconia) spirituale e materiale.

I tre episodi della vita dei santi Lorenzo e Ciriaca sono distinti da colonne dipinte che riprendono quelle autentiche poste ai lati del catino. Guardando da sinistra verso destra sono rispettivamente raffigurati: la guarigione di santa Ciriaca (in ginocchio davanti a san Lorenzo); la lavanda dei piedi; la distribuzione dei beni ai poveri da parte di san Lorenzo secondo le direttive di papa Sisto II. Nelle piccole lunette laterali sono inoltre raffigurati san Zaccaria, con vesti sacerdotali e turibolo, ai cui piedi c’è san Giovanni Battista (sinistra) e l’angelo che ispira l’evangelista san Giovanni, riconoscibile per l’aquila posta ai suoi piedi (destra).
Oltre ai vari interventi di tipo conservativo, nei secoli successivi si sono aperte le finestre nelle navate laterali (1700-1730), si è costruito il campanile a vela(1714) dove è collocata una campana del 1288.
Nel 1876, sotto la direzione del pittore ferrarese Alessandro Mantovani, Giovanni Brunelli e Luigi Roncati eseguono gli affreschi della navata centrale a motivo floreale, con scritte che riproducono alcune litanie alla Vergine Maria. L’opera si accorda sia con i motivi delle litanie mariane del soffitto, che con i putti ed i leoni del fregio di papa Medici. Tra il 1920 e il 1930 Giuseppe Ceracchini realizza gli affreschi degli altari laterali e nel 1957 si apre la cripta sotto l’altare maggiore. Al centro del pavimento della navata centrale, il Cardinale titolare Ottaviani farà riprodurre il suo stemma vescovile.
Negli anni ’90 viene rifatto l’altare maggiore, dove è anche collocato il fonte battesimale, e si spostano lateralmente gli ingressi alla cripta.

IL SOFFITTO LIGNEO

 

Il soffitto, realizzato nel 1565-1566 dal cardinale Ferdinando de’ Medici, che continua il legame tra la famiglia Medici e la chiesa di S. Maria in Domnica, venne realizzato per sostituire quello di papa Leone X, ormai fatiscente.
Costituito da cassettoni dipinti e suddiviso in lacunari, ha nel riquadro centrale la dedica a Leone X e lo stemma del giovane cardinale de’ Medici. I due cassettoni più grandi riprendono il tema della nave (o Arca) riferito sia alla Beata Vergine Maria (“Arca dell’Alleanza”) che alla Chiesa, che naviga nel mare tempestoso delle vicende storiche compiendo la sua opera di salvezza universale. Su entrambi i lati, ad intervalli regolari, sono rappresentati, con i segni dell’iconografia tradizionale, i quattro evangelisti (san Luca, toro; san Matteo, uomo; san Giovanni, aquila; san Marco, leone).
I cassettoni rimanenti riprendono invece le litanie e i titoli della Vergine Maria. Sono rappresentate alcune delle litanie (ad esempio: porta del cielo [1 e 2]; fontana [3 e 4]; sempre vergine [5]; rosa mistica [6]; madre senza macchia [8]; torre [9]; tempio d’oro [10]; arca della nuova alleanza [14]; Immacolata Concezione [15]; stella del mattino [18]) e altre sono riportate come scritta sulle pareti della navata centrale.

Sec. VII: Origine della diaconia di S. Maria in Domnica, nei pressi della caserma della V Coorte dei Vigili.
817-824: Papa Pasquale I ricostruisce la chiesa nella forma attuale.
Sec. XIII: Accanto alla chiesa sorge l’ospedale di San Tommaso in Formis, curato dai padri trinitari.
Sec. XVI: Il cardinale titolare Giovanni de’ Medici, futuro papa Leone X, inizia vaste opere di restauro sotto la direzione di A. Cantucci, detto il Sansovino. Il cardinale titolare Ferdinando de’ Medici rinnova completamente il soffitto ligneo conferendogli l’aspetto attuale (1566).
Secolo XVII: realizzazione degli affreschi , al di sotto del mosaico, da parte di Lazzaro Baldi (1624–1703),
1734: Clemente X affida la chiesa ai padri Melchiti.
Sec. XIX: Restauri fatti eseguire da Tommaso Riario Sforza (cardinale nel 1823).
1932: La chiesa viene eretta parrocchia .
1958: Interventi di abbellimento e ripristino nelle forme primitive.
1988-1989: Rifacimento del presbiterio e sistemazione della cripta
2006-2007: Interventi sulle navate laterali, rifacimento dell’impianto luci e installazione dell’impianto di riscaldamento. Rifacimento delle coperture esterne, pulizia dei marmi e tinteggiatura delle facciate.        

 


IL NOSTRO PRESEPE